Il blog di Renato Carlo Miradoli

Il lavoro dello storico e il mio romanzo storico su Costantino

 

A chi parla di storia basata sul probabile rispondo che, se l’ascensore della storia, ben anche nella sua gran parte, funzionasse e precipitasse a terra solo in quella minima, l'inevitabile errore, nessuno prenderebbe mai quell’ascensore correndo il rischio di farne il proprio ultimo viaggio di studioso di storia.

 

Di difficile definizione è il lavoro dello storico: studi mesi per conoscere un periodo e null’altro ti resta che buttar giù alcune righe fra un commento e una notizia che pensavi essenziali per lo sviluppo della tua tesi. Definire faticosa la propria attività è, poi, poca cosa a fronte del senso di scoraggiamento, per non dire di frustrazione, causato dal non sapere bene chi, oppure cosa, ti dirà come procedere.

Vi è inoltre un ulteriore aspetto che va preso in considerazione: l’indagine stessa; eh sì, è proprio l’indagine a volte a essere oggetto della disperazione di colui che si diletti di fare storia, magari senza tanta convinzione di raggiungere l’agognato risultato di ricostruire i fatti. Non posso darmi pace al pensiero che già la percezione dell’uomo appaia, a un’attenta analisi, quasi fosse un specchio deformante, cioè, quel trucco, oserei dire scenico, che attenti giocherelloni collocano nei carrozzoni del circo o del parco dei divertimenti per poterti far apparire grasso oppure magro, alto o strano, a seconda della crudeltà di chi ti chiede denaro all’unico scopo di farti ridere della tua immagine falsata, quando in fondo l’unico a ridere della stupidità del cliente pagante è solo il fornitore pagato: spendi per farti canzonare. Insomma, per farla breve, ho sempre avuto la sensazione che la nostra percezione della realtà sia distorta e non poco, e, quando uno dice di essere certissimo di aver avuto la giusta impressione di un fatto o di un detto, oppure anche di aver visto coi propri occhi quanto sembrava essere un’evidenza, a malincuore va osservato che nulla mai sia stato peggio interpretato, per non dire rappresentato falso.

E ancora la falsità… che cos’è la falsità? La verità, poi? La nostra rappresentazione è, dunque, un punto di vista che è fatto di stati d’animo, speranze, nonché paure o volontà di certezza, e tutta questa congerie di impressioni contribuisce a rendere la testimonianza o l’impressione di un fatto null’altro che momenti diversi della stessa vita, destinati, però, a lasciarci nell’oscurità e nel dubbio.

Lo storico non è che la vittima più eloquente di tale processo e, dopo grande disamina dei fatti, egli millanta di procedere proprio con quella cura volta a evitare quegli errori che massimamente lo potrebbero trarre in inganno; e si affanna a consultare altri storici, i quali prima di lui si sono affaticati a descrivere gli stessi  fatti e le stesse notizie, dicendo ancora che essi, i fatti, li hanno a loro volta presi da coloro che in una sorta di meccanismo a catena, in un effetto domino, benché a ritroso, hanno persino assistito a quegli eventi che ora si sono presi la briga di descrivere.

Si dice poi come il portato e il giudizio storico abbiano senso e valore solo a distanza di tempo, mantenendo il necessario distacco rispetto al periodo osservato, cioè solo dopo che sia trascorso dagli avvenimenti un tempo sufficiente per consentire allo storico di dire di non essere parte di quegli eventi; ma ecco che questa terzietà rispetto al periodo osservato fa correre il rischio di una peggiore forma di faziosità: quella di osservare e descrivere con le lenti del tempo e del periodo cui appartiene lo storico, magari cadendo nel tranello del: “Senno di poi,” o addirittura, senza accorgersi, indulgendo a un’interpretazione dei documenti e delle fonti sulla base del: “Finale, già noto, della storia.”  

Gli storici insistono nel dire che la storia si basa sul probabile e che, di essa, essi cercano le prove delle affermazioni fatte, non potendo che rimandare a un possibile margine di errore inevitabile gli inevitabili errori che essi commetteranno.

Ma è proprio così? È così vero quanto viene detto? Non lo so, ma io, nelle varie indagini svolte, non faccio altro che vagliare non già la veridicità degli accadimenti, ma ancor di più le intenzioni di chi scrive. Leggo e mi chiedo di continuo: “Cosa avrà voluto dire fra le righe costui, cosa inteso quando descrive nel bene o nel male il gesto di un Sempronio repubblicano o di un Caio fedele al principato di Augusto?”

Il discorso in fondo richiederebbe pagine di riflessione e ci porterebbe su lidi ostili, fors’anche, incapaci essi pure di dirci della mala fede (o anche di quella buona!) da parte di colui il quale scrive di storia, oppure semplicemente di chi scrive un testo qualsiasi.

Ma non per questo non resta il monito: la realtà (e ancor più la realtà di un dato tempo storico ricostruito con le poche incerte e slavate tessere del mosaico di cui disponiamo) non è conoscibile in quanto tale univocamente. E a chi parla di probabilità rispondo che, se l’ascensore della storia, ben anche nella sua gran parte, funzionasse e precipitasse a terra solo in quella minima, nessuno prenderebbe mai quell’ascensore correndo il rischio di farne il proprio ultimo viaggio di studioso di storia.

 

“Una realtà non ci fu data e non c'è,

ma dobbiamo farcela noi,

 se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti,

 una per sempre,

 ma di continuo e infinitamente mutabile.”

 

Luigi Pirandello,

Uno, nessuno, centomila.

 

 

Renato Carlo Miradoli

Nato a Milano, laureato all'Università Cattolica del Sacro Cuore in lettere classiche, è traduttore di diversi libri dall'inglese all'italiano tra i quali Stonehenge il segreto del solstizio di Terence Meaden https://www.amazon.it/Stonehenge-solstizio-Osservatorio-astronomico-affascinante/dp/8834409272  e di poesie del poeta Roald Hoffmann http://www.roaldhoffmann.com/ presentate alla Milanesiana http://temi.provincia.milano.it/Milanesiana/giorno_30giugno.html rassegna culturale della Provincia di Milano.

Dal 2003 ha fondato la sua società di servizi linguistici, formazione, agenzia traduzioni, internazionalizzazione.
E’ docente di inglese e italiano per stranieri presso l’Università Bocconi di Milano, SDA, Master MIMEC, Politecnico di Milano, MIP Master del Politecnico, Istituto Marangoni, presso istituzioni e aziende clienti multinazionali e nazionali.

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