Forse solo se sei milanese, ti puoi godere fino in fondo il romanzo di Robecchi! E sapete perché?
Ma perché, se non i riferimenti in sé alla vita meneghina, almeno lo scorrere delle vie sulla pagina, fra un inseguimento e una vasca (per usare un termine che solo Robecchi userebbe da buon milanese… come chi scrive, del resto!); fra un inseguimento e una vasca in via Manzoni, ti trovi nella testa dell'autore, e ridi. Ridi, sì! Ridi molto in quanto l'arguzia dell'uomo e il suo senso dell'umorismo pur in un soggetto (la morte di povere, o anche ricche, vittime non dovrebbe far ridere, a dire il vero!) così macabro come una storia gialla, non possono che farti ridere.
Dunque? Dunque, ancora una volta bravo Alessandro Robecchi!
Questo libro è un libro a sé non è un libro della serie di Monterossi, fortunatissima, bellissima e aggiornata con l’ultimo Pesci Piccoli. Eppure è ancora una volta un vero Robecchi con il suo gergo unico, la sua comicità cui facevo riferimento, al limite del grottesco e della (auto) parodia dei personaggi, che come sempre avviene, associa il divertimento del canzonare le nevrosi (alcune tipiche milanesi) all’introspezione più vera sulla condizione umana, sulla assurdità delle nostre vite se viste da fuori, da lettore, da narratore e dagli stessi personaggi.
Questo Talllone da Killer aggiunge un elemento in più e non è facile partendo da personaggi creati da zero: una trama speculare, una storia vista e vissuta dai cattivi, non dai buoni che cercano di fermarli, arrestarli e annientarli. No: sono i cattivi – che poi sono meno cattivi di altri cattivi strutturati che entrano in gioco – che si trovano a guardarsi specularmente, quindi a pensare a come non farsi arrestare, rintracciare, indagare, ma sempre con quegli “altri” quelli dalle vite integerrime e normali, che siamo noi, che ogni tanto fanno capolino, visti anch’essi specularmente, se non altro per riuscirsi a mascherare per sembrare tali, e le cui vite a questo punto appaiono al contempo banali, prevedibili, tristissime e noiose, ma anche rassicuranti, genuine e protette.
E tutto questo geniale “incastro” consente alla trama di fluire inaspettata in modo gradevole, libera, un po’ come un’avventura particolare e complicatissima, a tratti appassionante, a tratti agghiacciante, sempre trascinante, con una scrittura sempre gradevole e filmica fino alla fine, che come sempre Robecchi ci consegna.
Forse solo se sei milanese, dicevo, ti puoi godere fino in fondo il romanzo di Robecchi: ma siccome poi siamo tutti milanesi d’adozione, e da secoli milanesi si diventa (e ve lo dice un milanese da generazioni e generazioni), allora tutti possono davvero godere l’unicità, l’ingegno, l’acume e l’originalità dei romanzi di Robecchi, e, ancora più, in questo romanzo “speculare” tutti possono sentirsi milanesi, senza pagare troppo il prezzo di esserlo in ogni senso..
Buona lettura.