Il blog di Renato Carlo Miradoli

Il Regno

La mia scoperta dell’estate 2015 è lo scrittore e giornalista Emmanuel Carrère nella sua opera in auge al momento: “Il Regno”. Sto approfondendo le tesi dell’autore leggendone un volume dietro l’altro e il percorso esistenzialista-filosofico di lui si fa davvero interessante. Come al solito, per riposare dalle fatiche del lavoro, penso (o come, qualcuno pure dirà, penso troppo…) e quando lo faccio la mia creatività autolesionista mi suggerisce idee che vorrei proporvi.

Cominciamo da “Il Regno”, dunque: il testo è una riflessione da parte di Carrère il quale, a partire da se stesso e dal proprio male di vivere, si attarda, con l’occasione di un quaderno di appunti e commenti sul Vangelo di Giovanni da lui scritto negli anni ’90, in una riflessione sull’evangelista Luca autore de Gli atti degli Apostoli e del Vangelo che porta la firma del suo nome.

Ne consiglio la lettura per varie ragioni, ma credo che la più importante risieda nel fatto che l’autore, nel tratteggiare la personalità e la forza della sua narrazione, individui un aspetto che per certi versi tocca le tematiche che sto cercando di affrontare nel presente blog. E cioè: la religione, la religiosità o, come nel caso di Carrère, l’inizio storico-dottrinale di una religione nascente ci toccano da vicino, sia che lo vogliamo sia che ne rifiutiamo i contenuti. Insomma questo aspetto della ricerca spasmodica della verità non ci lascia indifferenti, né può farlo.

Vediamo come.

Luca è un uomo di origini non ebraiche, ma greco-pagane che, tuttavia, è vicino per sensibilità e interesse alla spiritualità e alle tradizioni degli Ebrei. Carrère traccia un profilo dei simpatizzanti di questa religione pur provenienti da un mondo che con l’ebraismo ha un rapporto se va bene di indifferenza e, se va male, di ostilità. Alcuni esponenti di quel mondo che noi definiamo pagano, tanto per generalizzare, invidiavano nella religione del Tempio di Gerusalemme quanto mancava alla religione olimpica e che la filosofia ellenistica forse non riusciva a dare, e cioè il fatto che il dio degli Ebrei non è un capriccioso personaggio lontano dagli uomini e avulso dalle loro preoccupazioni e pene (gli dèi dell’Olimpo non amavano gli uomini, né tanto meno sembravano interessati a quanto succedeva loro): egli sembra anzi aver instaurato con un popolo particolare, gli Ebrei, un dialogo che durava da moltissimi anni: a loro aveva donato una terra e sembrava volerli proteggere dai pericoli provenienti dagli altri popoli e da se stessi. Il dio del Tempio è puro spirito: educa, punisce e consola i suoi figli, insomma è in dialogo con esso.

Luca è affascinato da questa visione (che è poi ovviamente presente in misura molto maggiore e definitiva nel Cristianesimo stesso) e incontrando per caso nella Troade Paolo di Tarso decide di seguirlo nelle sue peregrinazioni del Mediterraneo e di raccontarne le vicende. Nascono dunque gli Atti egli Apostoli e di lì a poco il Vangelo che porterà il suo nome, scritto, quest’ultimo, per dare una versione che Carrère non esita a descrivere come un romanzo della vita di Gesù, fedele nel dare un panorama esaustivo della vita del Maestro e coinvolgente con descrizioni e discorsi.

Ma a ben vedere, però, coinvolgente è proprio la prosa di Carrère, il quale ci affascina fin dal primo momento con il suo stile asciutto e diretto. Egli, oltre a mettere in chiaro la cronologia degli avvenimenti, suscita in noi l’interesse ancora una volta per la nostra tematica fondamentale: credere è una soluzione del problema della vita. Lo fu per Luca, per Paolo di Tarso e lo è per noi.

La prima parte del volume, infatti, è la storia di una parentesi nella vita dell’autore risalente a circa 25 anni fa, quando cioè, in un periodo di profondo sconforto personale e di depressione, l’autore prese la decisione di convertirsi da tiepido fedele quasi indifferente a un cristianesimo più convinto e profondo, quasi fanatico. Carrère ricorda quel periodo come felice: la conversione aveva ottenuto quanto tutte le sedute presso l’analista non avevano procurato al paziente, che era semplicemente (da buon francese, dico io!) affetto dal male di vivere, perfettamente in linea con la tradizione esistenzialista sartriana che in un modo o nell’altro coinvolge tutti gli uomini del nostro tempo. La Nausea di cui parlava il filosofo, che è frutto del dubbio e del non senso emergente di continuo nella nostra esperienza di uomini, viene “risolta” dalla scoperta della fede. Essa sembra essere il toccasana di ogni problema personale e investe di “senso” il vivere di Carrère. Poco importa se più tardi l’autore ebbe ripensamenti e dubbi sulla propria scelta di fondo, tanto da ritornare sui propri passi: per un determinato periodo egli fu apposto con se stesso, convinto che la fede in Gesù gli avrebbe garantito la felicità, ovverosia la risposta al problema del vivere.

Invito dunque a cominciare la lettura de “Il Regno” avendo questa visione di fondo. Attendo le vostre osservazioni.

Buona lettura.    

 

Renato Carlo Miradoli

Nato a Milano, laureato all'Università Cattolica del Sacro Cuore in lettere classiche, è traduttore di diversi libri dall'inglese all'italiano tra i quali Stonehenge il segreto del solstizio di Terence Meaden https://www.amazon.it/Stonehenge-solstizio-Osservatorio-astronomico-affascinante/dp/8834409272  e di poesie del poeta Roald Hoffmann http://www.roaldhoffmann.com/ presentate alla Milanesiana http://temi.provincia.milano.it/Milanesiana/giorno_30giugno.html rassegna culturale della Provincia di Milano.

Dal 2003 ha fondato la sua società di servizi linguistici, formazione, agenzia traduzioni, internazionalizzazione.
E’ docente di inglese e italiano per stranieri presso l’Università Bocconi di Milano, SDA, Master MIMEC, Politecnico di Milano, MIP Master del Politecnico, Istituto Marangoni, presso istituzioni e aziende clienti multinazionali e nazionali.

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